sabato 17 marzo 2018



VARANASI E LA SACRALITÀ DEL FIUME GANGE




Varanasi non è un viaggio turistico, questo voglio sottolinearlo. Non dovrebbe rientrare tra le tappe di un viaggio organizzato se non si ha veramente coscienza di dove si stia andando.
E' un viaggio destinato a chi vuole sinceramente conoscere la cultura di un luogo e non solo per chi vuole aggiungere qualcosa di "forte" al proprio itinerario. 

Varanasi, o come è stata chiamata dagli inglesi Benares, è una città sacra per la religione induista, meta di pellegrinaggio di molti credenti.
Dimora della divinità Shiva, sorge sulle rive del fiume Gange, Mother Gange come lo chiamano affettuosamente gli indiani. 
Morire a Varanasi significa per gli induisti interrompere il samsara, ossia il ciclo delle rinascite o delle reincarnazioni. Pertanto migliaia di persone provenienti da tutti gli angoli dell'India decidono di compiere l'ultimo viaggio in questa città, ultima tappa della loro vita terrena, in modo che le proprie ceneri possano essere disperse nel fiume Gange dopo la cremazione. 
Il rito funebre non è privato e può essere osservato sia dal fiume tramite la barca, sia camminando tra i ghat. I ghat sono le scalinate che si trovano sulla sponda occidentale del fiume Gange, sopra di essi si svolgono tutte le attività della vita quotidiana degli abitanti del luogo, dalla pulizia personale, al lavaggio dei panni ai riti funebri.
I ghat deputati alle cremazioni sono due: Manikarnika Ghat, il più grande e Harischchandra, il più intimo dei due. I riti funebri vengono effettuati 24 ore su 24, in media vengono cremati 200/300 corpi al giorno e l'aria ne è testimone.


Rito funebre

Girando per la città si ha la possibilità di assistere a tutta la cerimonia.
Il defunto viene trasportato al ghat delle cremazioni avvolto da un lenzuolo arancione. Accompagnano la salma i parenti uomini, le donne non possono accedere alla funzione perché troppo "emotive". Pare infatti che nel passato, le vedove si suicidassero gettandosi sulla pira ardente dove veniva cremato il marito. Questa pratica, detta Sati fu vietata dagli inglesi nel 1829, tuttavia sembra che casi sporadici di Sati si verifichino ancora in alcuni villaggi dell'India settentrionale. Il parente più stretto del defunto (può essere il figlio, il padre, il fratello) ossia colui che appiccherà il fuoco alla salma, prima di iniziare il rito funebre farà un bagno purificatore nel Gange,  verrà rasato e indosserà una semplice veste bianca.
A seconda delle ricchezza della famiglia si otterrà la quantità di legna da ardere, con aggiunta di sandalo e burro chiarificato per i più abbienti.
Quando il corpo giunge al ghat per prima cosa viene purificato nel Gange, dopodiché sistemato sulla pira con la testa rivolta a nord.  La persona deputata al rito appiccherà il fuoco che avrà preso all'interno dell'edificio che ospita il fuoco sempreterno e aspetterà che il corpo venga cremato.
Questo a seconda della quantità e del tipo di legno potrà durare dalle due alle quattro, cinque ore.
Alla fine del rito raccoglierà le ceneri del parente all'interno di un'urna che poi verranno disperse dentro il Gange.
Gli individui che non rientrano in questo rito sono: i bambini, le donne incinte e i brahmini. I primi due sono già puri e il brahmino è senza peccato e quindi non necessitano di cremazione ma vengono direttamente gettati nel Gange dalla barca.
I malati di lebbra e i morti a causa di un morso del serpente cobra  sono esclusi perché entrambi manifestazioni di Shiva.


Noi viaggiatori
Per vivere appieno Varanasi è bene svegliarsi all'alba e recarsi subito ai ghat, noleggiare una barchetta e osservare dal Gange i riti quotidiani che si svolgono sulla sponda del fiume.


Vedrete persone che si lavano all'interno del fiume, donne e uomini che fanno il bucato e stendono i vestiti ad asciugare sui gradoni, vedrete le pire delle cremazioni, le vacche e i cani gironzolare in mezzo alla cenere.


Varanasi ha due volti: il primo è il più rumoroso e più vicino alla classica India con il traffico cittadino, lo strombazzare dei clacson, i tuk tuk che scorrazzano per le vie.
Il secondo volto di Varanasi rappresenta l'anima stessa della città ed è rappresentato dal fiume Gange.
E' la parte silenziosa, pacifica, mistica, che più mi ha toccato.
Tutta la vita si svolge intorno a questo fiume, dal bagno personale, al lavaggio del bucato, al rito delle cremazioni.
Essere su una barca alle 6 del mattino ed essere testimone di questo mondo mi ha davvero emozionato. 



Rientrati sulla terraferma abbiamo girovagato per gli stretti vicoli tortuosi dove potrete assistere alle attività quotidiane della città.


A metà mattinata abbiamo deciso di fermarci a fare una pausa in un bar poco distante dai ghat, l'Ashish Cafè. Nel locale abbiamo incontrato un sessantenne veronese trapiantato a Varanasi. 
In vena di fare quattro chiacchiere ci ha raccontato un pò della sua vita in Italia, poi a Varanasi e che cosa significhi vivere in questa particolare città così lontana e diversa dalla sua Verona. 

La cerimonia serale
A Varanasi ogni sera al tramonto si celebra il rito del Ganga Aarti. Si celebra sul Dasaswamedh Ghat e alcuni officianti vestiti con una tunica arancione svolgono la puja (un rituale di offerta).
La cerimonia può essere vista da terra oppure con una miglior visuale sul fiume noleggiando una barca. Rituale molto emozionante e scenografico.

Varanasi, vale il viaggio.


"Benares è più vecchia della storia, più vecchia della tradizione, più della leggenda e sembra due volte più antica di tutto questo messo insieme"
Mark Twain 




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